La cantina è tecnologia. Ma la cantina è anche – se non soprattutto – un canale di comunicazione, una sorta di “prima etichetta” del vino, per ritrovarsi in sintonia con le emozioni che esso produce, insieme al territorio dal quale proviene. Così Mario Busso, curatore della guida Vini Buoni d’Italia, che ha concluso oggi all’Auditorium 1919 di Sacmi Imola il tour di premiazione delle 415 migliori etichette 2017 su un totale di oltre 26mila vini italiani degustati.
La cornice della premiazione, il convegno “The future of wine making”, organizzato da Defranceschi, l’azienda Sacmi acquisita due anni fa, storico protagonista nelle tecnologie per la cantina di qualità ed oggi perno delle prospettive di sviluppo a tutto tondo nel settore wine&spirits da parte del Gruppo. “Sacmi ha tre caratteristiche fondamentali – ha ricordato il presidente di Sacmi Imola, Paolo Mongardi, introducendo l’incontro – l’internazionalizzazione, l’innovazione e la vicinanza al cliente, che rappresenta il patrimonio fondamentale dell’azienda”.
Seduti in platea, oltre 70 produttori – attuali e potenziali clienti del Gruppo che opera nel settore vino sin dai primi anni Duemila – interessati a cogliere l’occasione di questa tappa finale del tour Vini Buoni d’Italia per conoscere più da vicino il mondo Sacmi e le sue tecnologie al servizio del wine making. Offrire non solo singole macchine ma una vera e propria cantina “chiavi in mano”, dalla lavorazione delle uve all’imbottigliamento – ha spiegato il direttore generale di Defranceschi, Daniele Marastoni – è l’obiettivo di Sacmi, mettendo in campo quell’innovazione che da anni il settore enologico richiede, non solo per la fase di imbottigliamento.
Innovative presse a membrana, sistemi di cernita ottica delle uve, etichettatrici, soluzioni per il fine linea, sono solo un aspetto dell’innovazione a 360° che Sacmi-Defranceschi offre per il settore. “Le cantine hanno bisogno di portare nel loro prodotto un’identità – ha aggiunto Marastoni – che non è data solo dalla bottiglia e dal suo contenuto ma dalla cantina stessa, da concepire sin dalla fase progettuale come luogo esperienziale e di design.
Il design, appunto. E la scienza enologica. Con il risultato che, quando le due cose si fondono assieme, l’eccellenza vitivinicola italiana può sbaragliare la concorrenza, “proprio grazie – ha spiegato Donato Lanati, enologo di fama internazionale e fondatore di Enosis – all’enorme varietà di vitigni autoctoni del nostro Paese e all’altrettanta varietà, che diventa unicità, dei territori da cui il vino proviene”.
Tante varietà, tanti territori. Per trarre vantaggio da questo connubio, ha sottolineato Lanati – che con la recente nomina all’Accademia dei Georgofili corona oltre 35 anni di carriera e riconoscimenti internazionali – occorre però conoscenza. “Oggi la qualità si può misurare – ha ammonito, di fronte ai, peraltro, pluripremiati presenti – dobbiamo dotarci degli strumenti enologici e tecnologici per carpire il segreto che porta il territorio nell’acino, e l’acino nella bottiglia”. Tecnologia e sostenibilità, da intendersi anzitutto come salubrità del vino che si beve, ridefinendo una volta per tutte – scientificamente – anche il concetto di vino biologico, “attraverso una ricerca seria sui portainnesti, la diversificazione delle pressature a seconda del vitigno, il monitoraggio degli indici bioclimatici”.
Anche questo il significato del percorso Sacmi–Defranceschi, mettere la migliore tecnologia disponibile – derivante sia dall’esperienza pregressa in Defranceschi, sia dal know how sviluppato in altre aziende del Gruppo in ambito filling, packaging, labelling – al servizio del design, e viceversa. Ne ha trattato all’incontro di oggi Olivier Chadebost, architetto e designer di cantine di fama internazionale. Francese, originario dell’area di Bordeaux, Chadebost ha dimostrato la superiorità dei cugini d’Oltralpe almeno su un punto: aver saputo intercettare già 10-20 anni or sono una nuova tendenza del mondo del consumo, quella cioè di intendere il vino come qualcosa di molto più importante di un prodotto, un vero e proprio “lifestyle”.
"Il vino è il prodotto di lusso per eccellenza, per la sua artigianalità, per il fatto di non essere mai uguale a se stesso e di sapersi evolvere anche dopo la vendita”, ha osservato Chadebost. “Non conosciamo davvero fino in fondo l’identità del vino perché non conosciamo le storie degli uomini che lo producono, il clima che lo influenza. La considerazione di questi fattori ci porta a mettere in campo un processo ben preciso, che dall’ideazione del marchio e del brand porta alla progettazione della cantina, tutti oggetti che devono restituire il DNA del vino, e del suo territorio”.
Grande potenziale, secondo l’architetto e designer francese, deriva dalla tecnologia e dalla sua conoscenza. “La tecnicità può e deve andare di pari passo con la bellezza, l’estetica è in questo senso un danno collaterale della tecnologia”. Il risultato, una visione “olistica” della cantina, dove tutto parla di vino, i serbatoi di design, le presse, ma anche i lampadari, i tavoli di degustazione. Mettere questo approccio al servizio della migliore tradizione vinicola italiana – con i suoi 2mila vitigni autoctoni da valorizzare uno per uno – è il futuro disegnato da questa speciale giornata in Sacmi, che si è conclusa con una visita guidata agli stabilimenti Defranceschi di Mordano, già in piena produzione per prepararsi alla vendemmia 2018.